Parlare di somatizzazione non è mai semplice. Anche se in tanti sono d’accordo sul fatto che la somatizzazione altro non è che la tendenza a provare e comunicare un disagio psicologico mediante sintomi fisici.
In altri termini, la somatizzazione è il processo alla base del disturbo psicosomatico. Infatti, con tale termine si intende il meccanismo che permette di trasformare i processi psichici in somatici.
Perché si somatizza? La somatizzazione avviene nel momento in cui una persona non è riesce a elaborare psichicamente certi vissuti affettivi ed emotivi. Questa mancata elaborazione, trova nel corpo il modo di esprimere, segnalare e comunicare un disagio psicologico.
Il termine somatizzazione venne utilizzato già nel 1920 da Steckel. L’intento era di descrivere un processo simile a quello di conversione, individuato da Freud e Breuer (1895), per spiegare la formazione della sintomatologia isterica.
Nell’opera di Freud già si troviamo i fondamenti del meccanismo della somatizzazione. Attraverso i suoi studi sull’isteria, intuisce che il corpo può diventare il luogo su cui spostare ed esprimere i contenuti rimossi dalla mente.
Per comprendere la somatizzazione bisogna partire dal presupposto che l’essere umano è fatto di mente e corpo. Mente e corpo, non sono due entità distinte, ma sono in continua comunicazione. Continuamente condizionate l’uno dall’altra e viceversa.
Tutte le emozioni che proviamo sono tradotte a livello corporeo e ognuno di noi ha potuto fare esperienza di questa inseparabile unità tra mente e corpo.
Quanti di noi hanno sperimentato, per esempio, che la paura fa sudare freddo, che la rabbia fa venire i bollori, che l’amore fa battere il cuore o tremare le gambe, l’ansia fa rallentare la salivazione. Questi sono solo dei piccoli esempi che mostrano come il corpo sia strettamente collegato alle emozioni.
Del resto è ormai ampiamente riscontrato come la repressione di sentimenti e di emozioni, o l’incapacità di esternarli, possa provocare tutta una serie di disturbi e di alterazioni fisiologiche e comportamentali (Jennings, 1986).
L’ipertensione essenziale, come dimostrano degli studi recenti, spesso può essere collegata ad una spiccata tendenza alla repressione di sentimenti di rabbia e di ostilità e alla paura di perdere il controllo di sé.
Viceversa, ci è anche successo di sperimentare come un semplice raffreddore può avere un impatto negativo sul nostro umore, causando irritazione e tristezza.
Tutto questo era già noto agli antichi greci. Infatti, nella Grecia preomerica, come attestano gli studi di linguistica storica, non esistevano dei termini particolari per indicare ciò che intendiamo separatamente come psiche e corpo.
Fu con Platone che inizia il tentativo di tenere separato il mondo delle idee dal mondo della materia. Ponendo le basi teoriche filosofiche della scissione mente-corpo, poi ripresa da Cartesio, che condizionò profondamente il modo di pensare del mondo occidentale.
Questa visione dicotomica nel suo tentativo di semplificare, ha portato a una estrema specializzazione. Suddividendo il corpo umano in varie parti e separando nettamente gli aspetti mentali da quelli corporei, perdendo di vista, molto spesso, l’unicità dell’uomo.
Solo oggi sta nuovamente emergendo la consapevolezza che il corpo umano non è composto semplicemente di organi scollegati tra loro e a loro volta dalla mente. Non si può curare un corpo suddividendolo, ma unificandolo.
Chi lamenta dei sintomi fisici, solitamente, richiede una consulenza medica. Ma sempre più frequentemente si osserva come la cura più efficace sia un approccio integrato, che preveda anche l’individuazione e il trattamento di quegli aspetti psicologici che ne possono essere causa, concausa o fattore di mantenimento nel tempo.
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