Tra le fobie ipocondriache la cardiofobia, la paura di sentire il proprio cuore, è senza dubbio quella più frequente. Questa fobia ipocondriaca è caratterizzata dal timore di morire di infarto.
La persona che soffre di cardiofobia è spaventato dai sintomi cardiaci che percepisce: tachicardia, pressione alta, aritmie dolori o fastidi al petto, al braccio e via dicendo.
Chi ne soffre ha paura che il mal funzionamento del cuore possa provocare una morte improvvisa, ictus, infarto cardiaco o altre patologie simili. Infatti, il cardifobico vive nel terrore di una morte improvvisa e fulminante più che lenta e graduale.
Per questa ragione si sottopongono a frequenti controlli medici e cardiologici in particolare. L’attenzione, quindi, viene maggiormente focalizzata sul proprio battito cardiaco, ma anche sui valori della pressione arteriosa.
Solitamente chi soffre di cardiofobia cerca continue rassicurazioni mediche mediante esami cardiologici, ma al tempo stesso ne è anche spaventato. Inoltre usa tutta una serie di strategie volte ad abbassare o allontanare il rischio di eventuali problemi cardiaci. Classica diventa la strategia di evitare qualsiasi tipo di sforzo soprattutto le attività sportive.
Le precauzioni che una persona cardiofobica può prendere per evitare il rischio di ipertensione, includono anche all’alimentazione. Quest’ultima può diventare maniacale: abolizione del sale di cibi ricchi di grasso, di alcol. Ma può avvenire anche il contrario, in caso di un episodio di ipotensione, per scongiurare il rischio di svenire si ricorre a frequenti assunzioni di zuccheri.
Il cardiofobico evita di viaggiare, di spostarsi per evitare di allontanarsi dalla zona di sicurezza (sefety zone), questo perché si teme di non trovare un pronto soccorso, in caso di un malessere o di un problema cardiaco. Altro rimedio è quello di avere sempre a portata di mano farmaci con effetto bradicardico e ipotensivo.
La cardiofobia ha un legame strettissimo con il disturbo da panico, anzi il più delle volte ha origine proprio da quest’ultimo. La differenza tra un cardiofobico e chi soffre di attacchi di panico è che il primo è completamente ripiegato sulla paura di avere un infarto, ictus e via dicendo. Il secondo non è tanto terrorizzato dal sintomo cardiologico quanto dalla paura di perdere il controllo.
Il trattamento psicologico sarà mirato a far tornare il cardiofobico ad avere un rapporto naturale con il suo cuore, o con riappropriare le proprie sensazioni cardiache, senza che possa andare in ansia o nel panico.
Per far questo è necessario interrompere tutte le strategie disfunzionali che sono adottate per risolvere il problema. Sono proprio questi comportamenti disfunzionali (tentate soluzioni) che non solo non risolvono il problema, ma lo mantengono e addirittura lo peggiorano.
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